John Rambo (2008): la strada verso casa è lastricata di cadaveri - La Bara Volante (2025)

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John Rambo (2008): la strada verso casa è lastricata di cadaveri - La Bara Volante (1)

It’s a long road / When you’re on your own. Grazie al prezioso contributo diLucius, non sono stato solo in questarubrica su Ramboe la lunga strada che ci separa all’uscita di “Rambo: Last Blood” sta per concludersi, ma prima, l’ultimo capitolo dello speciale!

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A metà degli anni ’90 la Miramax acquista dalla Carolco destinata acolare a picco, i diritti di sfruttamento sul personaggio di Rambo giusto per passarli alla divisione minore dedicata ai film d’azione della Dimension Films e nel 2005 svenderli alla Nu Image/Millennium Films. Anche perché in tutto questo tempo Sylvester Stallone non aveva nessuna vera motivazione per continuare la guerra personale del soldato John Rambo.

Finito a fare microscopiche comparsate inTaxxi 3e in qualche “Spy Kids” a caso, come il suo personaggio più famoso zio Sly si gioca il tutto per tutto e con mezzo mondo che gli ride dietro stupisce tutti conRocky Balboa, un film con un cuore grosso così che rilancia la carriera di Stallone che, proprio come il pugile di Philadelphia e il reduce di Bowie (Arizona), cade, si rialza, ma di sicuro non molla mai, nemmeno la voglia di restare sulla cresta dell’onda.

Ecco perché con un budget di cinquanta milioni di fogli verdi con sopra le facce di altrettanti presidenti morti, Stallone il film lo scrive – insieme a Art Monterastelli – lo dirige e, ovviamente, lo interpreta. Dopo “Rocky Balboa” Sly non è ringiovanito, le battute sulla sua età sono sempre le stesse, ma i vecchi appassionati tornano in sala fregandosene, tipo il vostro amichevole Cassidy di quartiere, oppure Leo Ortolani che ne approfitta per sfornare anche “Ratto 2 – La vendetta” sulla pagine diRat-Man Collection n. 71.

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I titoli di lavorazione del film cambiano in corsa, “Rambo IV – Pearl of the Cobra” diventa “Rambo: to Hell and Back” a mio avviso molto adatto, ma poi zio Sly cambia ancora idea e sulla scia diRocky Balboaopta per “John Rambo” che resta il titolo di produzione fino all’ultimo secondo, in cui diventa solo e semplicemente “Rambo”, in barba a molti mercati europei (Italia, ovviamente, inclusa) dove il primo capitolo venne distribuito con il titolo diRambo, ecco perché qui da noi in uno strambo Paese a forma di scarpa, il film porta il nome e il cognome del protagonista (storia vera).

Il film incassa decentemente, non un trionfo, ma porta a casa un po’ più del doppio del suo costo, in Italia la prima settimana schizza in testa alla vetta del botteghino, poi sparisce dai radar, dimostrazione che chi voleva vederlo – tipo i vecchi appassionati – lo ha fatto subito. Quello per cui tutti ricordano “John Rambo” è il quantitativo esagerato di violenza, provate a chiedere in giro, molti vi parleranno solo delle secchiate di sangue.

Eppure, “John Rambo” è un’operazione modesta che non manca di coerenza interna, l’idea di sostituire Richard Crenna – venuto a mancare nel 2003 – con Josh Brolin nei panni del colonnello Samuel Trautman, sfiora la mente di Stallone per circa due secondi, salvo poi decidere di lasciar perdere. A mio avviso, un’ottima mossa, perché daRambo IIIsono passati vent’anni, per Stallone che ne porta tutti i segni addosso, per noi che di sicuro stiamo meno in forma di Sly e anche per Rambo che di sicuro non è ringiovanito nel corpo, ma nella mente è ancora lo stesso personaggio che conoscevamo, qui sta tutta la forza del film, secondo me.

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Dove si era rifugiato all’inizio delterzo film? Tra i monaci Trappisti in Thailandia, un posto tutto sommato pacifico, dove un tipo tosto come Trautman poteva ancora scovarlo. Stallone, cartina geografica alla mano, per questo quarto capitolo sceglie il luogo più pericoloso del pianeta (la Birmania) la prima scena della pellicola serve e spiegare agli Americani che cos’è una Birmania, grossomodo dove si trova e dettagli come il fatto che sia un Paese dilaniato dalla guerra civile più lunga della storia, il tutto scritto un po’ con il pennarellone a punta grossa, ma anche molto logico per il personaggio: un altro inferno che lui chiama casa.

Ricordate cosa si diceva diRambo III? In quel film il personaggio anche esteticamente, era una versione esagerata di quello (già abbondantemente stilizzato) diRambo 2 – La vendetta, qui Stallone con i capelli lunghi e la fascia rossa in testa, sembra il vecchio zio Hippie che non si perde un concerto dei Grateful Dead nemmeno per errore. Grande grosso e minaccioso quanto volete, ma che in pochi sono pronti a prendere sul serio, anche se caccia pesci con arco e frecce e serpenti velenosissimi con un legnetto.

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Stallone non resta mai a torso nudo, non gira in canottiera, non fa mai cose esagerato per uno della sua età, anche se molto in forma – e se vivi nella giungla al confine con la Birmania ti conviene esserlo – ma il fatto che sia ancora lì, con i capelli lunghi e la fascia serve a capire che saranno passati vent’anni, ma Rambo è ancora bloccato, non è mai tornato davvero a casa dal Vietnam, ci ha provato nelprimo film, ha provato a fare i conti con la guerranel secondo,nel terzoha tentato di sfuggirle, ma è ancora nella giungla, Vietnam, Birmania per lui cambia poco.

Per “John Rambo” oltre al pennarellone a punta grossa, Sly si fa prestare anche i rotoli del plotter su cui scrivere una sceneggiatura che per quanto riguarda la creazione e l’approfondimento di tutti i personaggi che non hanno il loro nome sulla locandina del film, è a dir poco grezza. Ci vuole qualcuno che smuova il protagonista dalla sua routine, a farlo sono un gruppo di aspiranti missionari intenzionati a portare cure e medicinali alla popolazione della Birmania e hanno bisogno della sua barca e della sua esperienza per attraversare il confine. Inutile dire che Rambo ha un altro punto di vista («Avete delle armi con voi?», «Certo che no!», «Allora non cambierete niente», «Be’… È pensando in questo modo che il mondo rimane quello che è!», «Fanculo il mondo»).

Il capo dei missionari è uno spocchioso cagaminchia con la faccia di Paul Schulze, uno che probabilmente da giovane andava ai concerti Punk nei centri sociali inneggiando all’anarchia, ma poi fuori ad aspettarlo per riportarlo a casa aveva l’autista di papà. A convincere Rambo ci pensa la più genuinamentebonaidealista del gruppo, Sarah Miller. Pare che Julie Benz sia stata scelta perché Stallone apprezzava la serie tv “Dexter”, considerando il quantitativo di sangue di questo film non stento a crederlo.

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Il fatto che Sarah faccia gli occhi dolci al vecchio soldato, secondo me, qualcosa deve aver influito, in fondo lo sappiamo che quando si trova suuna barca con una bella donnaRambo si fa a suo modo romantico, sempre in virtù del grosso pennarello e dei foglioni di carta su cui è stata abbozzata la trama, diventa impossibile non notare come il crocefisso regalato a Rambo da Sarah, sia identico al ciondolo di Giada di Co-Bao. Ripetizione? Dabbenaggine? No, coerenza interna, perché Rambo è ancora fermo ad allora.

Con lo stessomachetepennarellone Stallone abbozza tutti, buoni e cattivi, i pirati che attaccano la barca – molto in stile “Apocalypse Now” – con cui Rambo sta portando i missionari dentro il “Cuore di tenebra” della Birmania, sono violentatori con la bava alla bocca che l’ultima donna che hanno visto, forse era Anna Falchi sul calendario di Max nel 1996. Fa un po’ strano vedere il nostro John usare una pistola (prima volta in quattro film), ma l’azione che ne segue non è irrealistica, nemmeno con un protagonista in là con gli anni.

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Missione compiuta: i missionari possono portare le loro cure e Rambo tornare alla sua raccolta differenziata di serpenti velenosi. Sbagliato! Stallone regista ci da dentro a ricordarci quanto la Birmania sia un inferno, dove soldati sadici fanno correre i civili nelle risaie solo per crivellarli di colpi, allo stesso modo l’attacco al villaggio e il successivo rapimento dei missionari è una tonnara: colpi di mortaio, arti staccati che volano in giro, sangue come se piovesse!

Molti di questo film ricordano quasi solo il modo in cui le persone esplodano al contatto con bombe e proiettili, ci può stare, ma non venite a dirmi che la saga di Rambo è sempre stata anemica,nel primo filmsi ricuciva da solo le ferite come in un horror enel terzole cauterizzava con le esplosioni, tutto un po’ portato al limite, ma comunque sempre coerente.

Continuo a battere sullo stesso tasto per sottolineare i difetti del film: i soldati Birmani rapitori sono delle schifezze umane, Stallone ci va giù con la mano pesante nel delinearli, il generale a capo dei soldati minaccia i civili dicendo che trasformerà i ragazzini in soldati e agli altri staccherà loro le lingue e divorerà gli intestini (Sly, anche meno, eh?), ma non pensate che i mercenari occidentali pagati per ritrovare i missionari siano più simpatici.

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Il soldati di ventura vanno dall’accettabile al decisamente sgradevole, ovviamente nessuno oscura il carisma di Stallone, oppure sfoggia più coraggio di lui, infatti il capo della banda è un “Inglesaccio” della peggior specie che originariamente avrebbe dovuto essere interpretato da Vinnie Jones, salvo poi optare per un Graham McTavish più economico e forse meno sopra le righe dell’ex calciatore inglese.

Per i soldati Rambo è solo un “barcarolo” un po’ tardo, il momento in cui John (e Stallone) si prende il film è quando il veterano più famoso del cinema, tira nuovamente fuori il suo arco, elimina alcuni soldati birmani a colpi di frecce e recita la frase che è valso a questo film la diffida ufficiale da tutti i cinema del tormentato Paese. Sì, perché la frase di Rambo «Live for nothing, or die for something» è diventata l’inno dei ribelli del Karen National Liberation Army, dettaglio che ha reso Stallone estremamente orgoglioso (storia vera). La beffa sarebbe che ora gli Stati Uniti muovessero guerra alla Birmania e che “John Rambo” diventasse storicamente una barzellette comeRambo III, con la propensione a far scoppiare guerre degli Yankee io non ci starei tanto sereno e forse Stallone, come il suo personaggio, era anche lui ancora fermo alterzo capitolo.

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Da qui in poi il film è un cavalcata, il nuovo compositore Brian Tyler omaggia il tema principale del film di Jerry Goldsmith e s’inventa dei pezzi molto adatti all’ambientazione del film. Stallone, invece, fa scatenare il suo personaggio, i soldati Birmani ci vengono mostrati mentre costringono a far ballare ragazze rapite salvo poi divertirsi a violentarle e il generale a capo delle truppe, in quanto più cattivo di tutti, dev’essere descritto come il più vomitevole, infatti lo vediamo portarsi in camera un giovane ragazzino sicuramente non consenziente.

Rambo è la folgore divina scesa a punirli, al tizio che vorrebbe violentare Sarah pratica una tracheotomia a mani nude, gli altri li uccide a colpi di frecce e coltellate, i mercenari a copertura a volte gli salvano la pelle per il rotto della cuffia (la scena del cecchino, che Stallone riprenderà in maniera ironica nel primo minuto di “i mercenari”, 2010), ma quello che vediamo, per quanto grondante sangue, non è mai irrealistico, nemmeno per un protagonista nato nel 1946, chi dice il contrario secondo me il film non l’ha visto.

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Per tutta la pellicola John Rambo compensa la mancanza di atletismo con una potenza di fuoco superiore, la scena della mina Claymore è la più movimentata perché prevede che Rambo faccia una lunga corsa a perdifiato e anche il finale “Uno contro tanti” – un classico di questa saga – avviene con la famigerata scena del fucile mitragliatore montato sul retro di una Jeep, quella che è valsa al film la sua fama quasi da Horror, anche se Stallone si è prodigato a sottolineare quando gli effetti “Splatter” sui corpi colpiti da quel tipo di arma, siano ben meno esagerati che nelle realtà, anzi, nei contenuti speciali del DVD millanta resoconti di guerra di alcuni reduci a sostenere la sua tesi (storia vera).

Il massacro finale è un tripudio di arti mozzati a colpi di proiettili, di bastardissimi soldati Birmani puniti dal Rambo che anche da anziano, fa comunque più vittime diJason Voorhees. Il protagonista nell’ultima scena è talmente ricoperto di sangue dei suoi nemici che, ironia della sorte, sarebbe ritrovarlo sieropositivo nel prossimo capitolo, anche perché,parliamoci chiaro, mi sembra che ‘sti soldati con la loro vita sessuale abbastanza disinibita, non si curino molto della prevenzione all’HIV.

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Aumenta l’età anagrafica, diminuisce il dinamismo, aumenta la potenza di fuoco lo abbiamo già visto succedere, ecco perché il prossimo “Rambo: Last Blood” è già statoannunciato come vietato ai minoriper la violenza. La trama di “John Rambo” è riassumibile scritta sul retro di un tovagliolo, nella versione originale dura 92 minuti, in quella estesa (che prevede più sangue) 99, mentre nei cinema italiani uscì epurata e ridotta ad 88 minuti che bastano per quello che ha da mostrare: un personaggio immobile per vent’anni che capisce che finirà sempre così, con lui solo contro tanti, la guerra lo troverà sempre, anche nel più pericoloso posto del mondo.

Quando sogna, in questo film, Rambo ha degli incubi in bianco e nero che sono (letteralmente!) spezzoni dei vecchi film, perché tanto il personaggio è ancora fermo lì. Per sopravvivere alla guerra è diventato la guerra, l’unico modo è smettere di esserlo e tornare a casa, per davvero questa volta, ecco perché l’ultima scena prevede una fattoria a Bowie (Arizona) con la buca delle lettere intestata “R. Rambo”. Abbiamoconosciuto il personaggioa piedi lungo una “Long road” per tornare a casa, lo lasciamo qui, nell’ultimo miglio di quella lunga strada, questa volta destinato ad arrivare a casa sul serio, il film è modesto intrattenimento, il sangue non manca, la coerenza interna per il personaggio (e per Stallone) abbonda.

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Molti hanno criticato il cambio d’aspetto voluto da Stallone per il personaggio in “Rambo: Last Blood”, niente più fascia rossa e capello lungo, ma camicia a quadri e cappello che lo fanno somigliare più al vecchio sceriffo Will Teasle. Ma questo cambio serve a far capire che almeno John Rambo si è smosso dal suo immobilismo, se questo quarto capitolo fosse stato un grosso successo, forse Stallone si sarebbe rassegnato, a lasciare andare il suo secondo personaggio più famoso, evidentemente ha bisogno di un “Ultimo sangue” prima di farlo davvero, tra qualche giorno lo scopriremo.

Intanto vi ricordo la rubrica congiunta e preparatoria che ha tenuto banco tutto il mese! La pagina riassuntiva del Zinefilo e lo speciale della Bara Volante

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Sepolto in precedenza giovedì 19 settembre 2019

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